Gioielli, pietre preziose ed altro per scacciare ogni sorta di male
Preparare un talismano non era cosa da poco.
L'allestimento assomigliava ad un rito magico che prendeva inizio dalla ricerca dei costituenti per terminare nella scelta del tipo di veste che lo speziale avrebbe dovuto indossare.
I talismani ebbero un ruolo sostanziale nella preservazione della salute soprattutto durante i periodi di pestilenza. Oggetti lavorati, impressi, cesellati sopra pietre o sopra metalli furono indicati per un'infinità di morbi.
La loro invenzione risale ai Caldei e agli Egiziani che ne usarono innumerevoli specie.
La forma fu circolare nella maggior parte dei casi, ma ne furono forgiati d'ottagonali, esagonali, pentagonali, a forma d'anelli o di contenitori metallici o di stoffa.
I materiali furono pietre preziose, oro, argento, avorio e seta. Sulle pietre come sui metalli erano incise frasi magiche, simboli astrali, figure d'animali o preghiere al fine di ingraziarsi il potere occulto che parole, astri e animali godevano, secondo le narrazioni tradizionali, nel vissuto popolare. Fra i più antichi, indubbiamente, l'Abracadabra fu quello più diffuso.
Esso era inscritto in un triangolo equilatero inciso su pietre preziose e serviva per la difesa da malattie e sortilegi. Il segreto del talismano si fondava nel fatto che le lettere del nome Abracadabra, secondo il principio cabalistico, corrispondevano ad un numero e la loro somma dava 365 per ogni lato e 365 erano i giorni dell'anno.
Secondi, per importanza e virtù, all'antichissimo talismano, furono il Divino, il Calamitato, il Dragone rosso, il Gran Talismano delle costellazioni o Celeste e l'Amuleto Sterminatore nell'incisione del quale primeggiava uno scorpione come nello Zenexton di Paracelso. Il talismano Divino riportava, in un quadrato inciso in un cerchio, il nome di Jehova, sottoforma del tetragramma, giudicato dagli Ebrei il più sacro fra i nomi vocativi.
Il segreto dell'amuleto dimorava nel fatto che il nome di Dio poteva essere scomposto in settantadue differenti nominativi dando, secondo l'arte della Schemhanphora, il modo di scoprire le chiavi della scienza universale.
Il Calamitato non era altro che un metallo posto, prima dell'incisione, in contatto con una pietra calamita che, come già si sapeva nell'antichità, aveva la capacità di attrarre taluni corpi. Fu per traslazione di questa proprietà che il talismano fu creduto in grado di attirare malattie e spiriti maligni come attirava i corpi metallici. L'amuleto del Dragone Rosso ricoprì invece un ruolo d'oggetto speciale.
La sua influenza derivava direttamente dal re Salomone che, nell'accingersi a costruire il tempio di Gerusalemme, nominò un architetto come capo e al quale fece dono di un dragone rosso in metallo, perfettamente inciso, dicendogli: "Va e tieni a disposizione tre maestri, 70000 carpentieri, 170000 apprendisti e in virtù di questo gioiello tutti ti ubbidiranno".
La rarità del talismano imponeva che prima di appenderselo con un nastro rosso al collo, in modo che ricoprisse il petto accanto alla regione del cuore, fosse d'obbligo lavarsi e profumarsi. Il Gran talismano delle costellazioni o Celeste si otteneva fondendo i sette metalli corrispondenti ai differenti pianeti ed invocando il loro aiuto e forza. Nell'usarlo si rispettavano le stesse regole previste per il Dragone Rosso e si poneva una volta a rovescio e dritto sopra al cuore.
Lo Sterminatore fu impiegato per annientare i parassiti capaci di infestare il corpo, per allontanare ogni veleno o forma pestilenziale e per combattere i nemici. Il suo allestimento prevedeva un rituale magico in cui era previsto la fusione dei sette metalli, durante una notte di Luna piena, dando preminenza al piombo.
Oltre a quelli speciali di talismani ne furono prodotti pure di comuni e tutti dedicati ai pianeti.
Fra questi il più famoso fu il Grande Talismano dedicato a Mercurio; le cui proprietà consistevano nel difendere il cuore da ogni aggressione. Per questi amuleti Paracelso spiegò che i pianeti esercitavano la loro influenza tramite i metalli costituenti verso i quali esisteva una particolare affinità e analogia e che se non fosse stato possibile ottenere il metallo adeguato (Saturno-Piombo, Giove-Stagno, Sole-Oro, Luna-Argento) si sarebbe dovuto ricorrere ad un metallo che almeno avesse avuto lo stesso colore. I talismani non furono, in ogni caso, scevri dal fallimento.
Infatti, se una persona indegna si fosse procurata un amuleto per salvaguardarsi dal contagio della peste correva il rischio di peggiorare la propria situazione infettandosi più facilmente di una persona più meritevole e degna di lui.
Talismani ed amuleti in varie circostanze furono veri e propri gioielli da portare al collo, ai polsi, o legati o appoggiati sopra le parti affette e generalmente erano d'oro od argento, ma anche di seta o pelli d'agnello bianco. Nei talismani, con la foggia di contenitore, erano racchiuse le droghe sacre o le polveri aromatiche destinate alla protezione dell'infermità da cui ci si voleva liberare o tutelarsi. Grandi utilizzatori d'amuleti e talismani furono i bambini.
Padri e madri cucirono tasche sui loro vestiti per il contenimento d'oggetti sacri e magici nell'intento che ciò li preservasse da malefici influssi, infermità e alle volte dalla morte. Dall'utilizzo degli amuleti non sfuggì nessuno.
Papi e Principi si adornarono di preziosi monili d'oro incastonati di pietre pregiate e magiche affidando, alle ricche virtù sanitarie, la loro salute e difesa dagli spiriti maligni. Le pietre in funzione delle specifiche caratteristiche furono usate tal quali o ridotte in polvere, o calcinate, o poste in soluzione e, per ogni forma, furono o incastonate in bracciali o pendagli o contenute in adatti gioielli portati appesi al collo, legati al polso o alle parti da guarire.
Il topazio, incastonato in un cerchio d'oro, fu portato legato al polso del braccio sinistro o al collo per allontanare la melanconia e per preservare dagli incubi, mentre il granato, appeso al polso, corroborava e toglieva le palpitazioni nonché curava dalla tisi.
Il rubino, se incastonato in un anello o in un ciondolo da appendere al collo, aveva come virtù principale quella di resistere ad ogni veleno, ma anche di preservare dalla melanconia, di frenare gli appetiti sessuali e di conservare la forza giovanile. Secondo alcune convinzioni il rubino, se fosse stato portato da un contagiato, cambiava il suo colore che riacquistava nel momento in cui il contagio fosse passato. Anche lo zaffiro ebbe un grande uso per il suo colore che alle volte appariva bianco ceruleo o blu intenso. Il suo utilizzo fu vario e correlato alle malattie da curare. Così se fosse stato posto ciondolante sulla fronte arrestava ogni infiammazione, mentre se collocato in un sacchetto di seta rossa aveva azione astringente e corroborante. Incastonato in un anello d'oro portato sul dito anulare della mano sinistra arrestava la dissenteria, se ridotto in polvere e mantecato con grasso animale si trasformava in un unguento, da spalmare sulle palpebre, nella cura delle affezioni oftalmiche.
Un'altra pietra preziosa usata sottoforma di gioiello fu lo smeraldo.
Il suo potere era efficace contro le morsicature delle serpi velenose quando fosse stato legato ad una coscia e, se fosse stata la sinistra, avrebbe facilitato il parto. In bocca arrestava l'emorragia mentre se montato su un collare avrebbe tolto qualsiasi intossicazione.
Fra i più comuni gioielli adoperati per scacciare mali ed influssi negativi il corallo ebbe un grande impiego. Rami di corallo rosso, rosa, nero o bianco, spille ed altri manufatti furono impiegati per le loro qualità medicamentose. Con il corallo si preparava una polvere che, se racchiusa in oggetti d'argento e oro appesi al collo o al polso, aveva il potere rinfrescante e astringente e quello di purificare il sangue. Esisteva anche un liquore a base di corallo che si otteneva distillando la soluzione in aceto comune, rugiada di maggio, spirito di miele e acqua della pietra. Somministrato in dosi da sei a dodici gocce preservava gli uomini dalla gonorrea, i bambini dall'epilessia, le donne dalle infiammazioni della matrice. Lapislazzuli e ambra furono altre pietre con qualità curative. Il primo se portato al collo rafforzava la vista, correggeva la debolezza generale dell'organismo, impediva l'aborto. Le donne incinte dovevano, avvicinandosi al momento dello sgravio, togliersi di dosso i gioielli con lapislazzuli affinché la pietra non trattenesse il feto. Con il lapislazzuli si otteneva un elisir per le ulcere e la cura della gotta. L'ambra fu usata per favorire la procreazione. Alcune altre pietre come corniole e opali dovevano essere, segretamente chiuse in medaglioni o nascoste in anelli d'oro e le loro virtù avrebbero difeso dal vaiolo, dalla peste e dal colera. Malanni, contagi, malefici e sortilegi furono combattuti in questo modo per molti secoli. |