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martedì 21 dicembre 2010

21.12.2010

Prendere determinate decisioni è sempre molto difficile. 
Quando si deve compiere una scelta dolorosa la confusione sale alle stelle e ogni sentimento trabocca e la consapevolezza di dover fare la scelta migliore comincia a vacillare. 
Spesso il prezzo che si paga a causa delle proprie decisioni è molto alto. E' certo un prezzo che aiuta a crescere, a capire il valore dell'esistenza basata sulla convinzione che nel mondo tutto è interconnesso, tutto è interdipendente.
Ogni giorno perdiamo tempo nel discutere di cose non importanti, o a ragionare su concetti astratti, che non esistono se non nella nostra mente.
Possiamo perdere un’intera mezza giornata in giro per negozi prima di scegliere il regalo più adatto per un conoscente, possiamo discutere per mesi se sia meglio andare in vacanza al mare o in montagna, passiamo i pochi decenni che ci sono dati da vivere in questo mondo ad affannarci in mille stupidaggini, ma non ci si prepara abbastanza per il viaggio che tutti prima o poi dovremo affrontare.



Sei scomparso, non ci sei più.
Hai lasciato un vuoto in tutti noi che sopravviviamo.
Non possiamo più parlarti, non possiamo più incontrarti.
Non possiamo più toccarti, abbracciarti, e via dicendo. Mi ricordo quando ti vidi la prima volta, quando ti rintanasti in un punto oscuro, quando saltavi come una pallina in mezzo al prato.


ciao da tutti noi e grazie di averci insegnato un'altra difficile realtà

giovedì 11 novembre 2010

Cos'è il falso

Il falso è ciò che ci appare come vero, ma che vero non è !
Con grande maestria oggi si travestono le verità e … più sono … più se ne aggiungono. La catena di presunte realtà che, prima o poi svelano anche qualcosa riguardo al falsario di turno, è lunghissima e sembra che non si arresti mai.
La civiltà del falso serpeggia oramai ovunque e così testi, oggetti e quant’altro si tramutano in immagini reali inducendo “l’errore collettivo”.
Trovare il bandolo in mezzo a questa impostura generale, alla “panspermia” di menzogne è spesso difficile, ma le “realtà false” o prima o poi giungono ad essere scoperte ……. rovinando addosso a chi le ha ideate.
Le voci distorte del passaparola hanno sempre fatto si che un pescatore di piccoli pesci abbia alla fine pescato una balena o che un cercatore di funghi abbia raccolto chilogrammi e chilogrammi in solo due ore di passeggiata . La fabbrica delle leggende e delle immagini false registra sempre ottimi profitti.
Antropologicamente parlando l’uomo, per sua natura, deve collezionare ….. narrazioni ….. correndo dietro a fatalissime credulità che si rivelano poi rovinose.
La storia è piena di falsità che hanno dettato lo scandire di eventi di seguito diventati storici.
Mi sovviene il Presbitero Gianni, il “Re dei Re” che occupò per secoli una posizione di totale dominio nella vita di Papi e regnati costringendoli ad improbabili ricerche del suo regno e a tentativi di simulazione della sua perfetta statura regale. Esistono molti altri esempi di “meravigliose falsità” che hanno costretto gli uomini a seguire “affabulanti pifferai” degni dei più colorati mercati di Samarcanda. Non c’è epoca in cui non si sia prodotto il “falso d’autore” e per chi è alla ricerca dei segreti posso svelare che esistono luoghi con stupende raffigurazioni pittoriche e scultoree, di fronte alle quali orde di visitatori si soffermano pure ad argomentare, in cui il “falso” ricopre un ruolo superiore se confrontato al “vero”.
L’appropriazione indebita di meriti nonché la diffusione delle menzogne è forse oggi quello che di più affascina le masse voraci di obnubilazione da parte di intellettuali e professionisti spelacchiati. Tutto in nome del potere, del mercato, del mito, dell’ arte del “pifferaio” di Samarcanda.
“Verum sine mendacio certum et verissimum” …. così si apriva il più grande dei trattati alchimistici di tutti i tempi.
Fermiamoci a pensare ….. e cerchiamo di capire quante storie dovremmo smontare. 

martedì 2 novembre 2010

Canzone d'Autunno


I lunghi singulti
dei violini
d'autunno
mi lacerano il cuore
d'un languore
monotono.

Pieno di affanno
e stanco, quando
l'ora batte,
io mi rammento
remoti giorni
e piango.

E mi abbandono
al triste vento
che mi trasporta
di qua e di là,
simile ad una
foglia morta.
(Paul Verlaine)

venerdì 22 ottobre 2010

Onoterapia

Già il titolo pone una questione!
E’ l’ esito del correttore informatico, che ha eseguito un’elisione trasformando “ozonoterapia” in onoterapia, o è giusto? Si parla veramente di terapia con gli asini o è una burla?
Beh! Sgomberiamo subito il campo da ogni dubbio. Sì! Vogliamo parlare specificatamente di asini e delle loro peculiarità farmaceutiche!
Prima di iniziare a parlare dell’impiego terapeutico dell“equus asinus domesticus” cercheremo di dare alcune informazioni generali rendendo noto delle tre razze principali e della fiumana di sottoclassi che prendono vita dalla zona o dalla contrada in cui l’equino ha trovato sviluppo. Dal punto di vista regolatorio questo potrebbe significare che ogni asino avrebbe un uso differente….ma sorvoliamo.
Sull’animale se ne sono dette infinite e non è mai mancato nei bestiari medioevali, rinascimentali e moderni. Il successo della sua onnipresenza è collegato al fenomeno che induce negli uomini….. la facilità con cui quest’ultimi si immedesimano in lui. Fra coloro che hanno scelto, come ragion di vita, l’emulazione dell’equino è nata la condizione degli “asino maniaci” facilmente riconoscibili dall’ utilizzazione continua, nel loro modo di comunicare, del ragliare. Certuni, infatti, hanno tanto di quel talento che è sconcertante come sia diventato, per loro, un segno distintivo. Non contenti altri si sono inventati l’“asinopoli” una sorta di Club dove si riuniscono e saltuariamente si esercitano a meglio avere una relazione privilegiata con il quadrupede.
La nostra disquisizione vuole porre l’accento sull’utilità dell’onoterapia nel curare i disturbi della personalità di cui molti, nella collettività umana, soffrono. Attenzione però perché l’overdose del “farmaco” può incidere sullo stato somatico dando vita al modo di dire popolare: “E’ proprio un asino!”.
Dar credito al raglio degli asini è comunque sempre un errore ! 

Pensare come Leonardo

Un cervello che funziona bene alterna la sua funzione tra l'emisfero destro quello sinistro.
Nella media degli uomini questa alternanza non è esercitata e così nascono strategie senza creatività e creatività senza strategie.

Leonardo da Vinci adoperava con grande facilità ambedue gli emisferi tant'è che la sua vita fu costellata da espressioni artistiche, associabili alla sfera della creatività, come da espressioni scientifiche tanto strategiche per i periodi successivi.
Imparare a far funzionare ambedue gli emisferi non è un esercizio difficile basta abituarsi ad essere curiosi, osservatori, liberi, concentrati sulla sostanza dei problemi e, non per ultimo, amanti del bello.
La ricetta funzione se tutti gli ingredienti sono ben proporzionati e armonicamente impiegati.
Così la curiosità ci assicura la spinta verso la ricerca del nuovo, l'essere osservatori ci garantisce l'attenzione alle mutilazioni storico temporali, l'essere liberi ci dona la sicurezza di non essere condizionati dalle false posizioni preconcettuali, la concentrazione ci conferisce la grande semplicità nell'illustrare i problemi ed infine l'amante del bello ci permette di scegliere quanto più ci sembra efficace.
Pensare come Leonardo significa fare anche della propria esperienza un fulcro di saggezza, vera forza dei migliori manager e leader che hanno fatto della loro vita la vera Harvard Business School .
L'esperienza diretta crea una forma mentis aperta ad apprendere dalla pratica conferendo capacità nel cogliere al volo le occasioni, capacità nel valutare persone e capacità nel discriminare tra ciò che si vuole imitare e ciò che si vuole evitare.

Dopo tanti secoli possiamo osservare che l'uomo medio di oggi guarda senza vedere, ode senza ascoltare, tocca senza percepire, mangia senza gustare, inala senza percepire prima gli odori e parla senza prima pensare e che, pertanto, occorrerebbe raffinare i propri sensi e assieme a loro la mente e l' esperienza.

Così una creatività strategica potrà nascere da strategie altrettanto creative.

Ripreso dalla newsletter d'informazione della Associazione di Chimica Fine e Specialità



domenica 17 ottobre 2010

L'uomo con la barba

Vincenzo Schiavio Pittore comasco

Seduto su una seggiola mi raccontava storie meravigliose. I suoi pantaloni erano alla zuava, la sua camicia era pesante e a quadri. 
L’abbigliamento assomigliava a quello di un montanaro. 
Ma la cosa che più colpiva era il suo profumo. Trementina mista all’odore dell’olio di lino che usava per diluire i colori che sapeva stendere su tele o tavolozze. 
Era nato a Veleso un paesino delle valli del Lago di Como e dove morì dopo una vita passata tra i pittori da strada, gli intellettuali impegnati di una città di provincia e i fratelli muratori. 
Parlava di tutto ed io ascoltavo estasiato attratto da quella voce che usciva da una bocca nascosta sotto quella imponente barba. 
Le sue mani erano forti, ma delicate e quando mi sollevavano per prendermi in braccio mi avvolgevano tutto mentre io cercavo di allungarmi per toccare pennelli e tubetti di colore. 
Quante cose mi furono insegnate in quei momenti. 
Le sue parole si svelarono più tardi quando iniziai a capire (e a interessarmi) il mondo di cui Lui era padrone. 
Forse il mio amore per i colori, per il profumo della trementina e dell’olio di lino nacque proprio in quel tempo. 
Oggi vivo interamente i suoi insegnamenti e il suo ricordo mi riempe il cuore. 
Vincenzo era il suo nome ed era il fratello della mia “tata”. 


martedì 12 ottobre 2010

Uomini, mezzi uomini, ominicchi e quaquaraquà


Mi sono sempre chiesto il motivo per cui il mondo sia suddiviso in queste categorie di persone.

Se ben ricordo la divisione tra uomini, mezzi uomini, ominicchi e quaquaraquà è esposta nel "Giorno della civetta" di Sciascia e fatta pronunciare a Don Mariano Arena potente e spietato capomafia semianalfabeta.
In un mondo dove l'apparenza impera sulla virtù i veri uomini oggi sono rimasti in pochi anzi in pochissimi come sono anche molto pochi i mezzi uomini.
Dilagano invece gli ominicchi che sono in continuo aumento ed infine, ancor più giù, i Quaquaraquà …… che hanno scambiato il fare con il dire lasciando a se stessi l’unica alternativa della fuga quando li scopriranno.
Per questi il luogo di vita più adatto è l’ambientino degli amici degli amici nel quale vivono e si dibattono esercitandosi nel trasformismo che, da Costantino Imperatore in poi, percorre e contamina la nostra Società. L’antropologia illustrata dall’autore del “Giorno della civetta” ci permette quindi di capire come vanno le cose nel mondo quando il valore supremo non è più l’etica.

Come le oche i quaquaraquà depongo le uova (metaforicamente le loro scemenze quotidiane) imbastendo sogni e propositi degni dei fratelli Grimm per poi annoiarsi presto di tutto quindi anche di Voi. Cercate di prendere il largo prima che sia troppo tardi.
I sentimenti decisi e coraggiosi devono prendere posto speditamente e senza esitazione per rimbastire qualcosa che possa essere umanamente conveniente.
Tenetevi stretti i veri amici! 


lunedì 13 settembre 2010

Dietro alle fotografie

Le sensazioni che si provano guardando una fotografia, magari di altri tempi, sono forti e contraddittorie. Tutte comunque lasciano un amaro in bocca e, per quelle di cui non sappiamo la storia, anche un senso di mistero. 

Un sacco di domande sorgono di fronte alle immagini fotografiche e il piacere viene subito soppiantato dall’ansia. 
Chi era quello accanto a me? Chi stava scattando la foto? Quanti anni avevo? Cosa provavo in quell’istante? Cosa pensavo? 
Purtroppo le risposte a tali domande alle volte non sono precise o addirittura mancano. 
Anche con lo sforzo mnemonico, che in questi casi è vano, la mente non è in grado di rintracciare alcunché che possa ricollocare, quel preciso istante, che si è consumato con l’apertura e la chiusura dell’otturatore. 
Eppure quell’attimo è esistito. 

venerdì 10 settembre 2010

Libertà,Uguaglianza,Fraternità

Scritto da Anonimo il 06/05/2007.

Nel nostro Tempio, sul trono del Maestro Venerabile, lungo il perimetro del Triangolo Sacro troviamo scritte le parole Libertà, Uguaglianza, Fratellanza.

Quasi sempre, il significato ad esse attribuito è morale o socio-politico: così la libertà è concepita come il potere di fare quello che si vuole, con il limite della libertà altrui; l'uguaglianza si afferma tra i Fratelli, senza distinzione alcuna - negli USA si adopera l'espressione to meet on the level, incontrarsi sulla livella; la fratellanza è infine il legame che unisce i massoni fra loro, indipendentemente dalle differenze di lingua, cultura e nazionalità.

Sono, intendiamoci, interpretazioni assolutamente valide e legittime, ma a mio avviso restano sempre confinate in ambito essoterico, profano. Mi preme invece evidenziarne le caratteristiche esoteriche, iniziatiche, questo è, pertanto, lo scopo delle seguenti riflessioni.

Cominciamo dalla libertà. La parola deriva dal sanscrito leud, che significa elevazione. La libertà iniziatica è dunque solo quella spirituale, interiore: si è tanto più liberi, quanto più ci si avvicina alla dimensione dell'Assoluto, solutus-ab, svincolato cioè da tutto quanto è precario e transeunte. Anche la posizione della parola, sul lato sinistro del triangolo, conferma questo assunto: la libertà è ascendente, e per chi ritiene che ciò possa essere un caso, rispondo affermando che nulla è casuale nel Tempio. Magari chi lo ha messo là non aveva coscienza delle implicazioni del suo gesto, certo è che il simbolo spiega ormai i suoi effetti, indipendentemente dalla volontà dell'agente perché, come disse Giamblico, "i simboli compiono da sé la loro opera".

La libertà, intesa come ascesi, è pertanto una conquista personale dell'iniziato; non è uno status che si acquisisce permanentemente, bensì il risultato di un lavoro paziente, diuturno, che non conosce soste, che diventa un habitus, una consuetudine, i cui frutti si raccolgono nel tempo, senza scorciatoie né sconti.

Per gustare appieno la sensazione della libertà, nella sua dimensione spirituale, occorre che l'uomo viva il più possibile a contatto con la Natura. Del resto chi di noi non ha provato un'ebbrezza, una sensazione di liberazione interiore, salendo su una collina, su un monte? Non solo, ma la vista dalla vetta fa sì che le cose in basso ci appaiano piccole: quanto più ci si eleva spiritualmente, tanto più meschine e prive di importanza ci sembrano le cose di "quaggiù", per le quali, invece, sovente ci affliggiamo oltre misura.

Gli antichi alchimisti ci hanno insegnato che lo studio della natura, ed il relativo lavoro trasmutativo, era essenzialmente diretto alla conoscenza del trascendente e della propria interiorità, allo scopo di evidenziarne le similitudini con l'Essere Supremo e ricostruire l'armonia del Tutto: operando tam physice quam ethice essi miravano in realtà a integrare l'uomo nel macrocosmo ed a svelare l'impronta divina in ogni manifestazione del creato. Tutto è insomma una teofania, cioè una manifestazione di Dio, anche e soprattutto l'uomo che, arrivato per ultimo, completa così il processo creativo.

Ma v'è dell'altro, come ci conferma il significato letterale della parola nella lingua latina. Nella quale i figli erano comunemente detti filii, laddove i discendenti dei patrizi, i fondatori di Roma, erano chiamati liberi. Questo perché erano considerati "uguali ai padri". Questa notazione ci offre l'opportunità di trattare dell'uguaglianza.

L'uguaglianza fra le creature è un'utopia, se non addirittura una bestemmia. Non esiste assolutamente. Ricordo che, tempo fa, ho piantato dei bulbi di tulipano in un vaso. Alcuni sono spuntati a tempo debito, altri l'anno successivo, altri mai. Noi che sediamo qui, fra queste Colonne, siamo tutti uguali perché siamo tutti diversi, per condizione profana, per sensibilità e cultura; in ambito massonico, ci distinguiamo per gradi e per funzioni. Ma ognuno di noi reca l'impronta del suo Creatore. Ecco allora che l'uguaglianza, negata sul piano orizzontale della Manifestazione, si afferma prepotentemente su quello verticale dell'Essere ed il grado di "libertà" raggiunto da ognuno dipende strettamente dalla misura della consapevolezza di tale "uguaglianza" con il GADU.

Resta da esaminare la "fratellanza". La parola è posta alla base del triangolo. Ciò mi fa perciò pensare ad un elemento di collegamento fra gli uomini, che li lega fra loro in relazioni empatiche. Supponendo che al vertice del triangolo sia posto l'Essere Supremo, al vertice inferiore sinistro "io" ed a quello destro "tu", i due lati del triangolo, il sinistro e il destro, simboleggiano la relazione biunivoca esistente fra la divinità e l'uomo, individualmente considerato. È la fratellanza, la base del triangolo, che congiungendone i vertici laterali consente l'instaurazione delle relazioni umane e la nascita di un gruppo, fondato sulla comunanza del patrimonio ideale.

Questa considerazione fa giustizia delle tante sciocchezze dette sulla Massoneria a proposito di certe presunte connotazioni autoritarie, o "fasciste" tout court. La Massoneria è un ordine iniziatico, nel quale il maestro occupa un posto superiore a quello dell'apprendista. Ciò, del resto, è la regola di tutti gli ordinamenti tradizionali: la parola sanscrita Upa-nishad, con la quale si indica la raccolta dei testi filosofici vedici, significa letteralmente, "colui che siede in basso". È la posizione del discepolo che ascolta il maestro. Tuttavia, se da un lato è vero che il secondo non si abbassa al livello del primo, dall'altro è incontestabile che egli opera per l'elevazione del discepolo, mettendolo sulla via e consentendogli di giungere ai più alti livelli di conoscenza e di spiritualità.

La fratellanza, dunque, è essenzialmente amore, inteso come energia che si trasferisce da chi ne ha di più a chi ne ha di meno, affinché anche quest'ultimo, ormai "in possesso dell'Arte", possa continuare il cammino intrapreso senza dipendere più da nessuno, da uomo "libero" e perciò "uguale" ai suoi fratelli e al suo Creatore. 

martedì 7 settembre 2010

Talismani ed Amuleti come farmaci


Gioielli, pietre preziose ed altro per scacciare ogni sorta di male

Preparare un talismano non era cosa da poco.
L'allestimento assomigliava ad un rito magico che prendeva inizio dalla ricerca dei costituenti per terminare nella scelta del tipo di veste che lo speziale avrebbe dovuto indossare.
I talismani ebbero un ruolo sostanziale nella preservazione della salute soprattutto durante i periodi di pestilenza. Oggetti lavorati, impressi, cesellati sopra pietre o sopra metalli furono indicati per un'infinità di morbi.
La loro invenzione risale ai Caldei e agli Egiziani che ne usarono innumerevoli specie.
La forma fu circolare nella maggior parte dei casi, ma ne furono forgiati d'ottagonali, esagonali, pentagonali, a forma d'anelli o di contenitori metallici o di stoffa.
I materiali furono pietre preziose, oro, argento, avorio e seta. Sulle pietre come sui metalli erano incise frasi magiche, simboli astrali, figure d'animali o preghiere al fine di ingraziarsi il potere occulto che parole, astri e animali godevano, secondo le narrazioni tradizionali, nel vissuto popolare. Fra i più antichi, indubbiamente, l'Abracadabra fu quello più diffuso.
Esso era inscritto in un triangolo equilatero inciso su pietre preziose e serviva per la difesa da malattie e sortilegi. Il segreto del talismano si fondava nel fatto che le lettere del nome Abracadabra, secondo il principio cabalistico, corrispondevano ad un numero e la loro somma dava 365 per ogni lato e 365 erano i giorni dell'anno.
Secondi, per importanza e virtù, all'antichissimo talismano, furono il Divino, il Calamitato, il Dragone rosso, il Gran Talismano delle costellazioni o Celeste e l'Amuleto Sterminatore nell'incisione del quale primeggiava uno scorpione come nello Zenexton di Paracelso. Il talismano Divino riportava, in un quadrato inciso in un cerchio, il nome di Jehova, sottoforma del tetragramma, giudicato dagli Ebrei il più sacro fra i nomi vocativi.
Il segreto dell'amuleto dimorava nel fatto che il nome di Dio poteva essere scomposto in settantadue differenti nominativi dando, secondo l'arte della Schemhanphora, il modo di scoprire le chiavi della scienza universale.
Il Calamitato non era altro che un metallo posto, prima dell'incisione, in contatto con una pietra calamita che, come già si sapeva nell'antichità, aveva la capacità di attrarre taluni corpi. Fu per traslazione di questa proprietà che il talismano fu creduto in grado di attirare malattie e spiriti maligni come attirava i corpi metallici. L'amuleto del Dragone Rosso ricoprì invece un ruolo d'oggetto speciale.
La sua influenza derivava direttamente dal re Salomone che, nell'accingersi a costruire il tempio di Gerusalemme, nominò un architetto come capo e al quale fece dono di un dragone rosso in metallo, perfettamente inciso, dicendogli: "Va e tieni a disposizione tre maestri, 70000 carpentieri, 170000 apprendisti e in virtù di questo gioiello tutti ti ubbidiranno".
La rarità del talismano imponeva che prima di appenderselo con un nastro rosso al collo, in modo che ricoprisse il petto accanto alla regione del cuore, fosse d'obbligo lavarsi e profumarsi. Il Gran talismano delle costellazioni o Celeste si otteneva fondendo i sette metalli corrispondenti ai differenti pianeti ed invocando il loro aiuto e forza. Nell'usarlo si rispettavano le stesse regole previste per il Dragone Rosso e si poneva una volta a rovescio e dritto sopra al cuore.
Lo Sterminatore fu impiegato per annientare i parassiti capaci di infestare il corpo, per allontanare ogni veleno o forma pestilenziale e per combattere i nemici. Il suo allestimento prevedeva un rituale magico in cui era previsto la fusione dei sette metalli, durante una notte di Luna piena, dando preminenza al piombo.
Oltre a quelli speciali di talismani ne furono prodotti pure di comuni e tutti dedicati ai pianeti.
Fra questi il più famoso fu il Grande Talismano dedicato a Mercurio; le cui proprietà consistevano nel difendere il cuore da ogni aggressione. Per questi amuleti Paracelso spiegò che i pianeti esercitavano la loro influenza tramite i metalli costituenti verso i quali esisteva una particolare affinità e analogia e che se non fosse stato possibile ottenere il metallo adeguato (Saturno-Piombo, Giove-Stagno, Sole-Oro, Luna-Argento) si sarebbe dovuto ricorrere ad un metallo che almeno avesse avuto lo stesso colore. I talismani non furono, in ogni caso, scevri dal fallimento.
Infatti, se una persona indegna si fosse procurata un amuleto per salvaguardarsi dal contagio della peste correva il rischio di peggiorare la propria situazione infettandosi più facilmente di una persona più meritevole e degna di lui.
Talismani ed amuleti in varie circostanze furono veri e propri gioielli da portare al collo, ai polsi, o legati o appoggiati sopra le parti affette e generalmente erano d'oro od argento, ma anche di seta o pelli d'agnello bianco. Nei talismani, con la foggia di contenitore, erano racchiuse le droghe sacre o le polveri aromatiche destinate alla protezione dell'infermità da cui ci si voleva liberare o tutelarsi. Grandi utilizzatori d'amuleti e talismani furono i bambini.
Padri e madri cucirono tasche sui loro vestiti per il contenimento d'oggetti sacri e magici nell'intento che ciò li preservasse da malefici influssi, infermità e alle volte dalla morte. Dall'utilizzo degli amuleti non sfuggì nessuno.
Papi e Principi si adornarono di preziosi monili d'oro incastonati di pietre pregiate e magiche affidando, alle ricche virtù sanitarie, la loro salute e difesa dagli spiriti maligni. Le pietre in funzione delle specifiche caratteristiche furono usate tal quali o ridotte in polvere, o calcinate, o poste in soluzione e, per ogni forma, furono o incastonate in bracciali o pendagli o contenute in adatti gioielli portati appesi al collo, legati al polso o alle parti da guarire.
Il topazio, incastonato in un cerchio d'oro, fu portato legato al polso del braccio sinistro o al collo per allontanare la melanconia e per preservare dagli incubi, mentre il granato, appeso al polso, corroborava e toglieva le palpitazioni nonché curava dalla tisi.
Il rubino, se incastonato in un anello o in un ciondolo da appendere al collo, aveva come virtù principale quella di resistere ad ogni veleno, ma anche di preservare dalla melanconia, di frenare gli appetiti sessuali e di conservare la forza giovanile. Secondo alcune convinzioni il rubino, se fosse stato portato da un contagiato, cambiava il suo colore che riacquistava nel momento in cui il contagio fosse passato. Anche lo zaffiro ebbe un grande uso per il suo colore che alle volte appariva bianco ceruleo o blu intenso. Il suo utilizzo fu vario e correlato alle malattie da curare. Così se fosse stato posto ciondolante sulla fronte arrestava ogni infiammazione, mentre se collocato in un sacchetto di seta rossa aveva azione astringente e corroborante. Incastonato in un anello d'oro portato sul dito anulare della mano sinistra arrestava la dissenteria, se ridotto in polvere e mantecato con grasso animale si trasformava in un unguento, da spalmare sulle palpebre, nella cura delle affezioni oftalmiche.

Un'altra pietra preziosa usata sottoforma di gioiello fu lo smeraldo.
Il suo potere era efficace contro le morsicature delle serpi velenose quando fosse stato legato ad una coscia e, se fosse stata la sinistra, avrebbe facilitato il parto. In bocca arrestava l'emorragia mentre se montato su un collare avrebbe tolto qualsiasi intossicazione.
Fra i più comuni gioielli adoperati per scacciare mali ed influssi negativi il corallo ebbe un grande impiego. Rami di corallo rosso, rosa, nero o bianco, spille ed altri manufatti furono impiegati per le loro qualità medicamentose. Con il corallo si preparava una polvere che, se racchiusa in oggetti d'argento e oro appesi al collo o al polso, aveva il potere rinfrescante e astringente e quello di purificare il sangue. Esisteva anche un liquore a base di corallo che si otteneva distillando la soluzione in aceto comune, rugiada di maggio, spirito di miele e acqua della pietra. Somministrato in dosi da sei a dodici gocce preservava gli uomini dalla gonorrea, i bambini dall'epilessia, le donne dalle infiammazioni della matrice. Lapislazzuli e ambra furono altre pietre con qualità curative. Il primo se portato al collo rafforzava la vista, correggeva la debolezza generale dell'organismo, impediva l'aborto. Le donne incinte dovevano, avvicinandosi al momento dello sgravio, togliersi di dosso i gioielli con lapislazzuli affinché la pietra non trattenesse il feto. Con il lapislazzuli si otteneva un elisir per le ulcere e la cura della gotta. L'ambra fu usata per favorire la procreazione. Alcune altre pietre come corniole e opali dovevano essere, segretamente chiuse in medaglioni o nascoste in anelli d'oro e le loro virtù avrebbero difeso dal vaiolo, dalla peste e dal colera. Malanni, contagi, malefici e sortilegi furono combattuti in questo modo per molti secoli. 

domenica 5 settembre 2010

Speranza tradita




Sin da quando ero giovane, ho sempre avuto la speranza che l’umanità fosse composta da soli veri uomini e al massimo di qualche mezzo uomo. Purtroppo è bastato poco per accorgermi che l’aspettativa cullata nel cuore non appariva per nulla assomigliante all’esperienza della realtà.
Mi sono  sempre voluto illudere che la fiducia nutrita verso la gente si sarebbe o prima o poi potuta confermare, ma purtroppo, nell’avanzare dell’età …… non sono più giovane, ma non sono nemmeno vecchio……  ho sempre più insistentemente realizzato l’infondatezza di questa mia chimerica convinzione.
La specie umana è soprattutto composta da “ominicchi e quaquaraquà”!
Uomini veri,  giusti, fedeli, dai quali non ti aspetti il tradimento sono diventati introvabili. L’avere degli ideali e di cercarli di metterli in pratica è oggi una manifestazione considerata  non più di coraggio, ma di stupidità!
Molto meglio essere “mezzi uomini”  mutili del coraggio di non tradire e capaci solo di seguire  la corrente in base alla propria  necessità. Ma i peggiori sono gli “ominicchi” una sorta di “infanti” che si credono grandi, ma non sono altro che dei poveri infermi di mente e saccenti.
Questi poveri esseri non conoscono la battaglia a viso aperto così si nascondono e il loro modo di agire è l’aggressione alle spalle. Ancor più giù ci sono i Quaquaraquà per i quali non ci sono parole ……  . Grugniscono come porci  e prolificano come loro e stanno prendendo il sopravvento.
Ora sedetevi e riflettete guardando dentro Voi stessi e attorno.
Secondo voi, a queste quattro specie di esseri, quale percentuale affidereste nella composizione della nostra Società?

giovedì 2 settembre 2010

Magia

Alle volte nella vita si hanno degli incontri meravigliosi.
Non sappiamo nulla di come accadono. Forse è il fato, forse è il riconoscersi inconsapevole, forse è un’affinità ….. di cui non sappiamo nulla. Molti assegnano a questi misteriosi fatti eccentriche cause scomodando spiegazioni fisiche, umorali, spirituali, ma decisiva è la loro natura; l’uomo.
Fatalmente quando ciò avviene lì per lì nasce una sorta di avvicinamento di cui non abbiamo cognizione e di cui non possiamo contenere il magico sapore.
La bizzarra magia di tutto ciò è in ogni caso a noi ignota.
“No! Non voglio credere alle leggende, non ho mai creduto a queste storie!”
Eppure succedono e, soprattutto, capitano con una forza unica.
Inutile “tergiversare”!
Si! E’ inutile!
E’ meglio affrontare i deboli segnali, senza alcuna imposizione“psicologica”che possa indurre a scelte che non provengano dal cuore. Se sarà il cuore a condurre …. paure e falsi pudori svaniranno rendendo tutto di quel colore azzurro di cui mare e cielo sono dimostrazioni.
E la Magia continua ……. e il nostro corpo, la nostra mente si isolano dal quanto ci circonda quasi trasportandoci in un “sogno” dal quale non vogliamo distaccarci temendo di ricadere nella realtà del giorno prima. E la magia, incontenibile, accelera gli accadimenti, le verità e, soprattutto, vivifica ogni parte del nostro corpo, della nostra mente.
Monsieur Molecules direbbe “tempeste di ormoni” e non sbaglierebbe se per ormoni si intendesse tutte quelle molecole che mediano i nostri comportamenti, stati d’umore o quant’altro motivo a supporto delle intime mutazioni.
La magia, come il fuoco, non va lasciata sola ed occorre alimentarla sorvegliandone la vivacità. E così spogliamoci degli indumenti della rappresentazione, liberiamoci dalle maschere e corazze e scegliamo la spontaneità. Il mistero della magia è sufficiente per scaldarci, per proteggerci da ogni evento poiché viene da dentro di noi.
Magici momenti questi incontri! Non separiamocene …… afferriamoli e custodiamoli …..forse un giorno potranno esserci di conforto ricordandoli.

mercoledì 1 settembre 2010

Natura, profumi, colori e tecnologia

Guardo la natura che mi circonda, sento i profumi che la compongono trasferisco le impressioni scrivendo con un computer. 

La salvia e il rosmarino che ho appena usato, la lavanda che ormai invade il passaggio, il gelsomino che mi circonda, il pino mugo con le sue resine, i colori gialli di un fiore di aiuola, il rosso violaceo delle azalee ormai sfiorite, il verde smeraldo del prato ben concimato …..i fiori violacei di una campanula modificata …i tasti del computer che trasferiscono sensazioni e natura in un file. 

Un silenzio impagabile mi fa vivere questa fantastica natura …penso ai miei veri amici …..penso ai miei fratelli…..guardo il cielo azzurro ….con le sue nubi bianche. Un magnifico merlo adulto si è posato nel mezzo del prato e si pulisce le penne, ma subito sparisce. Il solstizio d’estate si avvicina inebriandoci di natura, profumi e colori. La tecnologia ci permette di scrivere senza inchiostro e pennini, ma pur sempre ci assicura di trasferire le nostre sensazioni al mondo facendole diventare ancora più indelebili e proprietà di chi verrà a visitarci nel web. 

La lavanda è accanto a me e mi inebria piacevolmente come anche il gelsomino. 

martedì 31 agosto 2010

Myridnn

Evocare Merlino può essere molto pericoloso! 
Nessuno ha mai visto il volto di Merlino sebbene l’immagine dell’ultimo dei maghi druidici produca ancora un’idea sfuocata ed imprecisa, pensosa ed enigmatica che incute timore reverenziale, ammirazione, paura, desiderio di averlo precettore; solo lui può generare tutti questi sentimenti allo stesso tempo. I suoi occhi così potenti e ricchi di magia tanto hanno visto e tanto non avrebbero voluto vedere; i suoi pensieri, pensieri buoni o pensieri malvagi, celano la sua origine causa del mistero. 
Merlino richiama la fata Morgana e le sue continue tentazioni, richiama la figura di un mago incantatore, di un personaggio dotato di certi poteri di cui si serve a piacimento, di un Uomo solitario dotato del dono della profezia, dotto ed assolutamente raffinato, dalla vita paradossale, dalla scomparsa incomprensibile, che lascia lo spazio alla crescita di una leggenda fiabesca. 
Merlino é sempre affiancato nelle leggende da una donna di cui é difficile stabilire il nome. Molti la identificano in Viviana. 
Ciò che é certo é che questa donna lo imprigionò per l'eternità. Lei costruì un sepolcro con la promessa che un giorno avrebbe accolto entrambi i loro corpi, ma, ingannandolo ve lo rinchiuse. E', però, strano vedere l'incantatore soccombere tanto facilmente al fascino perverso di Viviana e lasciarsi rinchiudere in una prigione d'aria quando possedeva immensi poteri profetici. 
Le divinità sono sottomesse al destino: devono nascere, compiere la loro missione ed, infine scomparire, per far spazio a divinità più giovani, in questo caso simboleggiate da Viviana. 
Merlino non muore e non morirà mai, é semplicemente messo da parte. 
L'imprigionamento di Merlino simboleggia la scoperta di una vita istintuale. Merlino è visto come l'incarnazione dell'istinto: ecco perché vive nella foresta. L'esempio di Merlino non deve andare perduto: ascoltare la natura é scoprire un nuovo modo di relazione con gli altri, ma anche prendere coscienza del nuovo equilibrio che si deve stabilire tra Natura e Uomo. Un equilibrio in cui vita e morte, reale ed immaginario cessano di essere percepiti contraddittoriamente. 

Questo é il punto, la radura sacra in mezzo alle foreste, dove Merlino ci parla ancora oggi. 
Merlino è stato dipinto come un saggio, come un pazzo, come un mago, come un demone. Emblematico è il modo in cui Merlino compare nella leggenda: egli nasce dall'unione di una vergine con un demone. Questo fatto gli conferisce la facoltà di conoscere sia il passato che il futuro, e fin dai primi giorni di vita egli sa bene qual è il suo compito nella storia. Egli conosce bene la sua missione che è intimamente legata al ripristino dell'antica tradizione. E per questo compito egli sa bene che deve trovare una persona idonea ad essere preparata per un incarico quanto mai difficile: istituire la famosa tavola rotonda che darà il via alla conquista, al ripristino dell'antica esperienza ancestrale. 
Ma chi è dunque Merlino? Nel cercare di penetrare l'identità di un personaggio descritto nei modi più svariati dalle leggende medievali e preistoriche, si delinea la figura di un individuo che sta in bilico tra visibile e invisibile, tra scienza e magia, tra bene e male. Una sintesi fra l'uomo di scienza e il mago, e non ci stupisce che la figura del druido incarni le stesse caratteristiche. Ma ciò che rende Merlino un personaggio particolare è l'attualità del suo ruolo. Egli non è un personaggio avulso dalla storia. Al contrario, le sue caratteristiche lo rendono attuale in ogni tempo, perché in ogni tempo sono esistiti, ed esistono, uomini che cercano di dare un senso alla propria vita e si inoltrano in un percorso di ricerca senza limiti né confini. 
In definitiva, Merlino è il ricercatore che vive in ognuno di noi, il filosofo che emerge quando sentiamo il bisogno di dare una risposta ai nostri interrogativi esistenziali, senza intermediari e senza steccati ideologici. Il Graal, ancora una volta, diventa lo strumento conoscitivo per eccellenza che, nelle mani del mago Merlino, rappresenta la speranza di un futuro migliore per l'umanità. 
Ma Merlino non agisce in prima persona: ha bisogno a sua volta di un mezzo operativo, rappresentato da Artù. E approdiamo così al terzo elemento-chiave: la saga di Re Artù. Artù è il personaggio su cui Merlino investe tutte le sue energie fin dalla nascita. La vita di quest'ultimo ha infatti l'unico apparente scopo di preparare Artù, fin dal suo concepimento, al futuro regno. 
Per questo fine Merlino si ingegna a creare le condizioni idonee affinché Artù sia concepito, successivamente ne ottiene l'affidamento e lo istruisce fin dalla più tenera età per trasformarlo nel guerriero più valoroso del mondo. 
La simbiosi che esiste fra Merlino e Artù fa pensare ad una identificazione dei due personaggi, visti come due parti di un unico individuo: quella sacerdotale e quella guerriera. Tutta la vita di Merlino farebbe propendere per questa ipotesi: Merlino passò la prima parte della sua vita in completo isolamento, si dice nel cuore della foresta di Broceliande, in Bretagna, a formarsi spiritualmente. 
Si dice che colloquiasse con gli alberi e con gli animali. Si dice che ereditò l'antica conoscenza del popolo dei megaliti. Si dice che fu lui, con la sua magia, ad erigere i grandi massi del tempio di Stonehenge.... Ma nella seconda parte della sua vita egli si dedica ad un unico obiettivo: l'addestramento di Artù. Non è forse facile pensare ad un monaco che, dopo aver raggiunto le più alte vette della conoscenza interiore, decide di sviluppare la parte mancante, cioè il guerriero, per aiutare l'umanità nel suo cammino evolutivo? 
Sta di fatto che Artù, divenuto re, sotto la guida saggia di Merlino, istituisce la tavola rotonda attorno cui raduna i suoi più fidati e valorosi cavalieri, allo scopo di conquistare il Graal e di istituire il più grande e più illuminato regno della storia preludio del ritorno dell’Era dell’Acquario. 
Ho già scritto e parlato dell’Era dell’Acquario e ciclicamente ricorre la lotta tra il Drago rosso e quello bianco che si combattono di fronte al castello sul lago avvolto dall’alito dei due Draghi. Una musica ritmica invitava a danzare e il soffio del vento Ruah sibilava nelle orecchie di Merlino. 
I cavalieri, lordi del sangue dei nemici, sedevano accanto al loro Re mentre una giovane donna danzava al centro dell’ampia sala. 
Gli occhi verdi, i capelli fluenti, il corpo sinuoso danzante annebbiavano la vista del Re vincitore mentre accanto a lui i cavalieri tacevano comprendendo come la passione lo aveva conquistato.Il ventre della donna si muoveva sensualmente mentre la musica saliva alla testa con lo stesso ardore del sangue che fluiva nelle vene. 
Gli ancestrali boschi erano il luogo della conoscenza, ove avveniva l’amplesso tra Myriddn (Merlino in gaelico) e Viviana. 
Lettore ignaro guardati in giro e capirai! I simboli sono dappertutto e potrebbero spaventarti. 
Forse un giorno Ti spiegherò chi sono e quale è il mio credo, forse lo intuirai da solo/a, forse crederai che io sia un po’ come lui. 
Leggi, leggi, leggi e rileggi ed un giorno scoprirai cosa ho voluto dirti. 
Ricordati io so sempre ciò che Tu stai pensando ed in questo momento non compiere passi incerti vivi la Tua Natura. 

Occhi di fuoco sono sopra di Te e stanno tessendo il più bello degli amori. 

L’Era dell’Acquario per Tua conoscenza è già iniziata!! 

Il tunnel del Tempo

Il primo viaggio

Immune dalle emozioni provocate da una cruda verità fotografica per non averle vissute e privo dell'esperienza fatta in diretta, mi sono trovato in questi giorni di fronte, forse, alla più grande trepidazione della mia vita.
Il tempo coperto da cinquantasei anni è stato come chiuso e colmato.
Nei miei occhi esisteva solo ciò che era stato indotto dai racconti e dalle scarne ed impersonali immagini fotografiche, ma ad un tratto tutto si è materializzato. Il tempo ha preso corpo ed era lì; fissato nell'ultima posizione come in quel giorno fu fermato. Per giorni mi ero preparato a riunirmi a tale verità non vissuta, ma in presenza dell'immagine del tempo non ho potuto far nulla.
Di colpo mi sono ritrovato sbalzato, alla velocità dell'iperluce, nel tunnel del tempo sulle cui pareti erano proiettati, come in un film, migliaia di momenti, di ricordi, di avvenimenti, di emozioni e di sensazioni della mia vita e di quella dei miei cari. Pur viaggiando ad una velocità misteriosa mi è stato permesso di godere tutto quasi come se le scene si aprissero con la lentezza e la cadenza del tempo che conosco e che ha distinto il loro svolgersi.
Giorni e notti sono passati davanti ai miei occhi immersi in una luce che non era luce, in un buio che non era buio.
L'esperienza, con la quale avevo un appuntamento da sempre, si è presentata unendo, come ipotizzava Einstein, due universi paralleli o due punti dello stesso universo non ineluttabilmente distanti, ma unici nella loro singolarità.
L'emozione si è mostrata a lento rilascio ed oggi, mentre scrivo, mi sembra molto più forte di quando l'ho vissuta.
Proiettato nel tunnel con gli occhi sbarrati ho sentito la mente che si spopolava di tutto e, nel medesimo istante, che si iper affollava.
Cari amici tutto è relativo e l'iscrizione "Terribilis est locus iste" potrebbe essere tradotta liberamente in "Com'è terribile questa vita"!

sabato 28 agosto 2010

In bicicletta

In questi giorni di costruttivo ozio il giro in bicicletta è un appuntamento. 
Il vagare per strade e stradine che normalmente non frequentiamo durante l’anno ci porta a scoprire la storia, l’economia e l’industria della nostra cittadina. 
Insegne di vecchi opifici, di magazzini e di antichi negozi lasciano subito intendere come la nostra vita è cambiata. Arrugginite e decadenti sovrastano ancora oggi le invecchiate strutture che, fino a qualche decennio fa, erano piene di vita. Mentre pedalavo riflettevo sulla laboriosità in quei luoghi, di quelle genti che con il loro lavoro artigianale hanno realizzato pezzi d’arte. In passato queste “ botteghe” erano i fiorenti luoghi dell’industria dei falegnami, dei mobilieri, dei commercianti che li fornivano di attrezzi e di prodotti consentendogli di modellare un grezzo pezzo di legno di noce in uno splendido manufatto. 
Sul tavolo, assieme a scalpelli e pialle, barattoli di cere pregiate confezionate seguendo ricette segrete tramandate da nonni e padri occupavano altri spazi profumando l’aria di essenze oggi proibite. Tutto questo mondo febbricitante di lavoro non esiste più. La sega elettrica, il laminato e tinture sintetiche hanno sostituito la creatività di quei falegnami. 
Pedalando mi sono così ritrovato a pensare alle corporazioni dell’antiche città italiane quando ogni compagnia di artigiani si riuniva sotto un’insegna dettando statuti e ordinamenti si faceva poi proclamare dal Senato cittadino. Poi il pensiero ha preso la direzione verso i “maestri costruttori”, i “Maçons” delle cattedrali gotiche ……padroni di un sapere a noi precluso. 
Un senso di angoscia mi ha così avvolto e la bicicletta non filava più come all’inizio. 
Nel frattempo ho perso altre insegne, ma domani ripercorrerò le medesime viuzze per leggerne altre. 
Da lontano vedo arrivare il mio vecchio restauratore di mobili ….. non ha più il grembiule pieno di colla e non sa più di trementina…..è ben vestito e ha l’aria di un piccolo “signorotto” di paese. 
L’unica cosa che non ha smesso è di parlare in dialetto e mi saluta con un sonoro: ”Bun dì sciur Dutur”!!! 


mercoledì 25 agosto 2010

Meridiane

"Tempus fugit"

In una corte medioevale di un monastero benedettino ricco di storia due meridiane segnano il tempo ancora oggi. L’originalità del doppio orologio solare non è collegata al periodo abbaziale, ma al lusso di chi l’abitò successivamente che avrebbe avuto per tutta la giornata la cognizione del tempo.
Osservandole ….. un pensiero melanconico ha preso il sopravvento e …….. mi è sembrato ieri quando mio padre mi regalò un cagnolino, quando mi svegliò durante la notte di un Natale per annunciarmi che c’era una fiammante macchina a pedali rossa sotto l’albero.
Senza accorgermi del  salto temporale mi è sembrato ancora ieri quando studiavo chimica con il mio più caro amico alle scuole superiori e poi all’ Università.
Mi è sembrato ieri…. il giorno che mi sono laureato, il primo giorno di lavoro, il primo viaggio oltreoceano, il primo incontro con gli amici che oggi mi invitano a visitare dimore storiche con due meridiane.
Un’altra meridiana mi ha sedotto ultimamente …… sopra c’era un motto latino significativo …..”Tempus Fugit”.
Sì! Il tempo fugge e lo scorrere dei decenni tradisce inesorabilmente!
Mi sembra che sia passato un tempo infinito da quando ho iniziato a scrivere  …. ma è solo una sensazione dello sbalzo nel tunnel del tempo sulle cui pareti sono stati  proiettati, come in un film, migliaia di momenti, di ricordi, di avvenimenti, di emozioni e di sensazioni della mia vita.  Pur viaggiando ad una velocità misteriosa mi è stato permesso di godere tutto …… quasi come se le scene si aprissero con la lentezza e la cadenza del tempo che conosco e che ha distinto il loro svolgersi.
Mi sembra ieri quando  mio padre mi fece trovare il mio primo fungo …… ed oggi ancora qualcuno, per la sua prima volta, l’ha trovato con me.
Guardo l’orologio……è tardi …. il tempo è passato senza accorgermi, ma lasciandomi un ricordo in più.

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