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lunedì 13 settembre 2010

Dietro alle fotografie

Le sensazioni che si provano guardando una fotografia, magari di altri tempi, sono forti e contraddittorie. Tutte comunque lasciano un amaro in bocca e, per quelle di cui non sappiamo la storia, anche un senso di mistero. 

Un sacco di domande sorgono di fronte alle immagini fotografiche e il piacere viene subito soppiantato dall’ansia. 
Chi era quello accanto a me? Chi stava scattando la foto? Quanti anni avevo? Cosa provavo in quell’istante? Cosa pensavo? 
Purtroppo le risposte a tali domande alle volte non sono precise o addirittura mancano. 
Anche con lo sforzo mnemonico, che in questi casi è vano, la mente non è in grado di rintracciare alcunché che possa ricollocare, quel preciso istante, che si è consumato con l’apertura e la chiusura dell’otturatore. 
Eppure quell’attimo è esistito. 

venerdì 10 settembre 2010

Libertà,Uguaglianza,Fraternità

Scritto da Anonimo il 06/05/2007.

Nel nostro Tempio, sul trono del Maestro Venerabile, lungo il perimetro del Triangolo Sacro troviamo scritte le parole Libertà, Uguaglianza, Fratellanza.

Quasi sempre, il significato ad esse attribuito è morale o socio-politico: così la libertà è concepita come il potere di fare quello che si vuole, con il limite della libertà altrui; l'uguaglianza si afferma tra i Fratelli, senza distinzione alcuna - negli USA si adopera l'espressione to meet on the level, incontrarsi sulla livella; la fratellanza è infine il legame che unisce i massoni fra loro, indipendentemente dalle differenze di lingua, cultura e nazionalità.

Sono, intendiamoci, interpretazioni assolutamente valide e legittime, ma a mio avviso restano sempre confinate in ambito essoterico, profano. Mi preme invece evidenziarne le caratteristiche esoteriche, iniziatiche, questo è, pertanto, lo scopo delle seguenti riflessioni.

Cominciamo dalla libertà. La parola deriva dal sanscrito leud, che significa elevazione. La libertà iniziatica è dunque solo quella spirituale, interiore: si è tanto più liberi, quanto più ci si avvicina alla dimensione dell'Assoluto, solutus-ab, svincolato cioè da tutto quanto è precario e transeunte. Anche la posizione della parola, sul lato sinistro del triangolo, conferma questo assunto: la libertà è ascendente, e per chi ritiene che ciò possa essere un caso, rispondo affermando che nulla è casuale nel Tempio. Magari chi lo ha messo là non aveva coscienza delle implicazioni del suo gesto, certo è che il simbolo spiega ormai i suoi effetti, indipendentemente dalla volontà dell'agente perché, come disse Giamblico, "i simboli compiono da sé la loro opera".

La libertà, intesa come ascesi, è pertanto una conquista personale dell'iniziato; non è uno status che si acquisisce permanentemente, bensì il risultato di un lavoro paziente, diuturno, che non conosce soste, che diventa un habitus, una consuetudine, i cui frutti si raccolgono nel tempo, senza scorciatoie né sconti.

Per gustare appieno la sensazione della libertà, nella sua dimensione spirituale, occorre che l'uomo viva il più possibile a contatto con la Natura. Del resto chi di noi non ha provato un'ebbrezza, una sensazione di liberazione interiore, salendo su una collina, su un monte? Non solo, ma la vista dalla vetta fa sì che le cose in basso ci appaiano piccole: quanto più ci si eleva spiritualmente, tanto più meschine e prive di importanza ci sembrano le cose di "quaggiù", per le quali, invece, sovente ci affliggiamo oltre misura.

Gli antichi alchimisti ci hanno insegnato che lo studio della natura, ed il relativo lavoro trasmutativo, era essenzialmente diretto alla conoscenza del trascendente e della propria interiorità, allo scopo di evidenziarne le similitudini con l'Essere Supremo e ricostruire l'armonia del Tutto: operando tam physice quam ethice essi miravano in realtà a integrare l'uomo nel macrocosmo ed a svelare l'impronta divina in ogni manifestazione del creato. Tutto è insomma una teofania, cioè una manifestazione di Dio, anche e soprattutto l'uomo che, arrivato per ultimo, completa così il processo creativo.

Ma v'è dell'altro, come ci conferma il significato letterale della parola nella lingua latina. Nella quale i figli erano comunemente detti filii, laddove i discendenti dei patrizi, i fondatori di Roma, erano chiamati liberi. Questo perché erano considerati "uguali ai padri". Questa notazione ci offre l'opportunità di trattare dell'uguaglianza.

L'uguaglianza fra le creature è un'utopia, se non addirittura una bestemmia. Non esiste assolutamente. Ricordo che, tempo fa, ho piantato dei bulbi di tulipano in un vaso. Alcuni sono spuntati a tempo debito, altri l'anno successivo, altri mai. Noi che sediamo qui, fra queste Colonne, siamo tutti uguali perché siamo tutti diversi, per condizione profana, per sensibilità e cultura; in ambito massonico, ci distinguiamo per gradi e per funzioni. Ma ognuno di noi reca l'impronta del suo Creatore. Ecco allora che l'uguaglianza, negata sul piano orizzontale della Manifestazione, si afferma prepotentemente su quello verticale dell'Essere ed il grado di "libertà" raggiunto da ognuno dipende strettamente dalla misura della consapevolezza di tale "uguaglianza" con il GADU.

Resta da esaminare la "fratellanza". La parola è posta alla base del triangolo. Ciò mi fa perciò pensare ad un elemento di collegamento fra gli uomini, che li lega fra loro in relazioni empatiche. Supponendo che al vertice del triangolo sia posto l'Essere Supremo, al vertice inferiore sinistro "io" ed a quello destro "tu", i due lati del triangolo, il sinistro e il destro, simboleggiano la relazione biunivoca esistente fra la divinità e l'uomo, individualmente considerato. È la fratellanza, la base del triangolo, che congiungendone i vertici laterali consente l'instaurazione delle relazioni umane e la nascita di un gruppo, fondato sulla comunanza del patrimonio ideale.

Questa considerazione fa giustizia delle tante sciocchezze dette sulla Massoneria a proposito di certe presunte connotazioni autoritarie, o "fasciste" tout court. La Massoneria è un ordine iniziatico, nel quale il maestro occupa un posto superiore a quello dell'apprendista. Ciò, del resto, è la regola di tutti gli ordinamenti tradizionali: la parola sanscrita Upa-nishad, con la quale si indica la raccolta dei testi filosofici vedici, significa letteralmente, "colui che siede in basso". È la posizione del discepolo che ascolta il maestro. Tuttavia, se da un lato è vero che il secondo non si abbassa al livello del primo, dall'altro è incontestabile che egli opera per l'elevazione del discepolo, mettendolo sulla via e consentendogli di giungere ai più alti livelli di conoscenza e di spiritualità.

La fratellanza, dunque, è essenzialmente amore, inteso come energia che si trasferisce da chi ne ha di più a chi ne ha di meno, affinché anche quest'ultimo, ormai "in possesso dell'Arte", possa continuare il cammino intrapreso senza dipendere più da nessuno, da uomo "libero" e perciò "uguale" ai suoi fratelli e al suo Creatore. 

martedì 7 settembre 2010

Talismani ed Amuleti come farmaci


Gioielli, pietre preziose ed altro per scacciare ogni sorta di male

Preparare un talismano non era cosa da poco.
L'allestimento assomigliava ad un rito magico che prendeva inizio dalla ricerca dei costituenti per terminare nella scelta del tipo di veste che lo speziale avrebbe dovuto indossare.
I talismani ebbero un ruolo sostanziale nella preservazione della salute soprattutto durante i periodi di pestilenza. Oggetti lavorati, impressi, cesellati sopra pietre o sopra metalli furono indicati per un'infinità di morbi.
La loro invenzione risale ai Caldei e agli Egiziani che ne usarono innumerevoli specie.
La forma fu circolare nella maggior parte dei casi, ma ne furono forgiati d'ottagonali, esagonali, pentagonali, a forma d'anelli o di contenitori metallici o di stoffa.
I materiali furono pietre preziose, oro, argento, avorio e seta. Sulle pietre come sui metalli erano incise frasi magiche, simboli astrali, figure d'animali o preghiere al fine di ingraziarsi il potere occulto che parole, astri e animali godevano, secondo le narrazioni tradizionali, nel vissuto popolare. Fra i più antichi, indubbiamente, l'Abracadabra fu quello più diffuso.
Esso era inscritto in un triangolo equilatero inciso su pietre preziose e serviva per la difesa da malattie e sortilegi. Il segreto del talismano si fondava nel fatto che le lettere del nome Abracadabra, secondo il principio cabalistico, corrispondevano ad un numero e la loro somma dava 365 per ogni lato e 365 erano i giorni dell'anno.
Secondi, per importanza e virtù, all'antichissimo talismano, furono il Divino, il Calamitato, il Dragone rosso, il Gran Talismano delle costellazioni o Celeste e l'Amuleto Sterminatore nell'incisione del quale primeggiava uno scorpione come nello Zenexton di Paracelso. Il talismano Divino riportava, in un quadrato inciso in un cerchio, il nome di Jehova, sottoforma del tetragramma, giudicato dagli Ebrei il più sacro fra i nomi vocativi.
Il segreto dell'amuleto dimorava nel fatto che il nome di Dio poteva essere scomposto in settantadue differenti nominativi dando, secondo l'arte della Schemhanphora, il modo di scoprire le chiavi della scienza universale.
Il Calamitato non era altro che un metallo posto, prima dell'incisione, in contatto con una pietra calamita che, come già si sapeva nell'antichità, aveva la capacità di attrarre taluni corpi. Fu per traslazione di questa proprietà che il talismano fu creduto in grado di attirare malattie e spiriti maligni come attirava i corpi metallici. L'amuleto del Dragone Rosso ricoprì invece un ruolo d'oggetto speciale.
La sua influenza derivava direttamente dal re Salomone che, nell'accingersi a costruire il tempio di Gerusalemme, nominò un architetto come capo e al quale fece dono di un dragone rosso in metallo, perfettamente inciso, dicendogli: "Va e tieni a disposizione tre maestri, 70000 carpentieri, 170000 apprendisti e in virtù di questo gioiello tutti ti ubbidiranno".
La rarità del talismano imponeva che prima di appenderselo con un nastro rosso al collo, in modo che ricoprisse il petto accanto alla regione del cuore, fosse d'obbligo lavarsi e profumarsi. Il Gran talismano delle costellazioni o Celeste si otteneva fondendo i sette metalli corrispondenti ai differenti pianeti ed invocando il loro aiuto e forza. Nell'usarlo si rispettavano le stesse regole previste per il Dragone Rosso e si poneva una volta a rovescio e dritto sopra al cuore.
Lo Sterminatore fu impiegato per annientare i parassiti capaci di infestare il corpo, per allontanare ogni veleno o forma pestilenziale e per combattere i nemici. Il suo allestimento prevedeva un rituale magico in cui era previsto la fusione dei sette metalli, durante una notte di Luna piena, dando preminenza al piombo.
Oltre a quelli speciali di talismani ne furono prodotti pure di comuni e tutti dedicati ai pianeti.
Fra questi il più famoso fu il Grande Talismano dedicato a Mercurio; le cui proprietà consistevano nel difendere il cuore da ogni aggressione. Per questi amuleti Paracelso spiegò che i pianeti esercitavano la loro influenza tramite i metalli costituenti verso i quali esisteva una particolare affinità e analogia e che se non fosse stato possibile ottenere il metallo adeguato (Saturno-Piombo, Giove-Stagno, Sole-Oro, Luna-Argento) si sarebbe dovuto ricorrere ad un metallo che almeno avesse avuto lo stesso colore. I talismani non furono, in ogni caso, scevri dal fallimento.
Infatti, se una persona indegna si fosse procurata un amuleto per salvaguardarsi dal contagio della peste correva il rischio di peggiorare la propria situazione infettandosi più facilmente di una persona più meritevole e degna di lui.
Talismani ed amuleti in varie circostanze furono veri e propri gioielli da portare al collo, ai polsi, o legati o appoggiati sopra le parti affette e generalmente erano d'oro od argento, ma anche di seta o pelli d'agnello bianco. Nei talismani, con la foggia di contenitore, erano racchiuse le droghe sacre o le polveri aromatiche destinate alla protezione dell'infermità da cui ci si voleva liberare o tutelarsi. Grandi utilizzatori d'amuleti e talismani furono i bambini.
Padri e madri cucirono tasche sui loro vestiti per il contenimento d'oggetti sacri e magici nell'intento che ciò li preservasse da malefici influssi, infermità e alle volte dalla morte. Dall'utilizzo degli amuleti non sfuggì nessuno.
Papi e Principi si adornarono di preziosi monili d'oro incastonati di pietre pregiate e magiche affidando, alle ricche virtù sanitarie, la loro salute e difesa dagli spiriti maligni. Le pietre in funzione delle specifiche caratteristiche furono usate tal quali o ridotte in polvere, o calcinate, o poste in soluzione e, per ogni forma, furono o incastonate in bracciali o pendagli o contenute in adatti gioielli portati appesi al collo, legati al polso o alle parti da guarire.
Il topazio, incastonato in un cerchio d'oro, fu portato legato al polso del braccio sinistro o al collo per allontanare la melanconia e per preservare dagli incubi, mentre il granato, appeso al polso, corroborava e toglieva le palpitazioni nonché curava dalla tisi.
Il rubino, se incastonato in un anello o in un ciondolo da appendere al collo, aveva come virtù principale quella di resistere ad ogni veleno, ma anche di preservare dalla melanconia, di frenare gli appetiti sessuali e di conservare la forza giovanile. Secondo alcune convinzioni il rubino, se fosse stato portato da un contagiato, cambiava il suo colore che riacquistava nel momento in cui il contagio fosse passato. Anche lo zaffiro ebbe un grande uso per il suo colore che alle volte appariva bianco ceruleo o blu intenso. Il suo utilizzo fu vario e correlato alle malattie da curare. Così se fosse stato posto ciondolante sulla fronte arrestava ogni infiammazione, mentre se collocato in un sacchetto di seta rossa aveva azione astringente e corroborante. Incastonato in un anello d'oro portato sul dito anulare della mano sinistra arrestava la dissenteria, se ridotto in polvere e mantecato con grasso animale si trasformava in un unguento, da spalmare sulle palpebre, nella cura delle affezioni oftalmiche.

Un'altra pietra preziosa usata sottoforma di gioiello fu lo smeraldo.
Il suo potere era efficace contro le morsicature delle serpi velenose quando fosse stato legato ad una coscia e, se fosse stata la sinistra, avrebbe facilitato il parto. In bocca arrestava l'emorragia mentre se montato su un collare avrebbe tolto qualsiasi intossicazione.
Fra i più comuni gioielli adoperati per scacciare mali ed influssi negativi il corallo ebbe un grande impiego. Rami di corallo rosso, rosa, nero o bianco, spille ed altri manufatti furono impiegati per le loro qualità medicamentose. Con il corallo si preparava una polvere che, se racchiusa in oggetti d'argento e oro appesi al collo o al polso, aveva il potere rinfrescante e astringente e quello di purificare il sangue. Esisteva anche un liquore a base di corallo che si otteneva distillando la soluzione in aceto comune, rugiada di maggio, spirito di miele e acqua della pietra. Somministrato in dosi da sei a dodici gocce preservava gli uomini dalla gonorrea, i bambini dall'epilessia, le donne dalle infiammazioni della matrice. Lapislazzuli e ambra furono altre pietre con qualità curative. Il primo se portato al collo rafforzava la vista, correggeva la debolezza generale dell'organismo, impediva l'aborto. Le donne incinte dovevano, avvicinandosi al momento dello sgravio, togliersi di dosso i gioielli con lapislazzuli affinché la pietra non trattenesse il feto. Con il lapislazzuli si otteneva un elisir per le ulcere e la cura della gotta. L'ambra fu usata per favorire la procreazione. Alcune altre pietre come corniole e opali dovevano essere, segretamente chiuse in medaglioni o nascoste in anelli d'oro e le loro virtù avrebbero difeso dal vaiolo, dalla peste e dal colera. Malanni, contagi, malefici e sortilegi furono combattuti in questo modo per molti secoli. 

domenica 5 settembre 2010

Speranza tradita




Sin da quando ero giovane, ho sempre avuto la speranza che l’umanità fosse composta da soli veri uomini e al massimo di qualche mezzo uomo. Purtroppo è bastato poco per accorgermi che l’aspettativa cullata nel cuore non appariva per nulla assomigliante all’esperienza della realtà.
Mi sono  sempre voluto illudere che la fiducia nutrita verso la gente si sarebbe o prima o poi potuta confermare, ma purtroppo, nell’avanzare dell’età …… non sono più giovane, ma non sono nemmeno vecchio……  ho sempre più insistentemente realizzato l’infondatezza di questa mia chimerica convinzione.
La specie umana è soprattutto composta da “ominicchi e quaquaraquà”!
Uomini veri,  giusti, fedeli, dai quali non ti aspetti il tradimento sono diventati introvabili. L’avere degli ideali e di cercarli di metterli in pratica è oggi una manifestazione considerata  non più di coraggio, ma di stupidità!
Molto meglio essere “mezzi uomini”  mutili del coraggio di non tradire e capaci solo di seguire  la corrente in base alla propria  necessità. Ma i peggiori sono gli “ominicchi” una sorta di “infanti” che si credono grandi, ma non sono altro che dei poveri infermi di mente e saccenti.
Questi poveri esseri non conoscono la battaglia a viso aperto così si nascondono e il loro modo di agire è l’aggressione alle spalle. Ancor più giù ci sono i Quaquaraquà per i quali non ci sono parole ……  . Grugniscono come porci  e prolificano come loro e stanno prendendo il sopravvento.
Ora sedetevi e riflettete guardando dentro Voi stessi e attorno.
Secondo voi, a queste quattro specie di esseri, quale percentuale affidereste nella composizione della nostra Società?

giovedì 2 settembre 2010

Magia

Alle volte nella vita si hanno degli incontri meravigliosi.
Non sappiamo nulla di come accadono. Forse è il fato, forse è il riconoscersi inconsapevole, forse è un’affinità ….. di cui non sappiamo nulla. Molti assegnano a questi misteriosi fatti eccentriche cause scomodando spiegazioni fisiche, umorali, spirituali, ma decisiva è la loro natura; l’uomo.
Fatalmente quando ciò avviene lì per lì nasce una sorta di avvicinamento di cui non abbiamo cognizione e di cui non possiamo contenere il magico sapore.
La bizzarra magia di tutto ciò è in ogni caso a noi ignota.
“No! Non voglio credere alle leggende, non ho mai creduto a queste storie!”
Eppure succedono e, soprattutto, capitano con una forza unica.
Inutile “tergiversare”!
Si! E’ inutile!
E’ meglio affrontare i deboli segnali, senza alcuna imposizione“psicologica”che possa indurre a scelte che non provengano dal cuore. Se sarà il cuore a condurre …. paure e falsi pudori svaniranno rendendo tutto di quel colore azzurro di cui mare e cielo sono dimostrazioni.
E la Magia continua ……. e il nostro corpo, la nostra mente si isolano dal quanto ci circonda quasi trasportandoci in un “sogno” dal quale non vogliamo distaccarci temendo di ricadere nella realtà del giorno prima. E la magia, incontenibile, accelera gli accadimenti, le verità e, soprattutto, vivifica ogni parte del nostro corpo, della nostra mente.
Monsieur Molecules direbbe “tempeste di ormoni” e non sbaglierebbe se per ormoni si intendesse tutte quelle molecole che mediano i nostri comportamenti, stati d’umore o quant’altro motivo a supporto delle intime mutazioni.
La magia, come il fuoco, non va lasciata sola ed occorre alimentarla sorvegliandone la vivacità. E così spogliamoci degli indumenti della rappresentazione, liberiamoci dalle maschere e corazze e scegliamo la spontaneità. Il mistero della magia è sufficiente per scaldarci, per proteggerci da ogni evento poiché viene da dentro di noi.
Magici momenti questi incontri! Non separiamocene …… afferriamoli e custodiamoli …..forse un giorno potranno esserci di conforto ricordandoli.

mercoledì 1 settembre 2010

Natura, profumi, colori e tecnologia

Guardo la natura che mi circonda, sento i profumi che la compongono trasferisco le impressioni scrivendo con un computer. 

La salvia e il rosmarino che ho appena usato, la lavanda che ormai invade il passaggio, il gelsomino che mi circonda, il pino mugo con le sue resine, i colori gialli di un fiore di aiuola, il rosso violaceo delle azalee ormai sfiorite, il verde smeraldo del prato ben concimato …..i fiori violacei di una campanula modificata …i tasti del computer che trasferiscono sensazioni e natura in un file. 

Un silenzio impagabile mi fa vivere questa fantastica natura …penso ai miei veri amici …..penso ai miei fratelli…..guardo il cielo azzurro ….con le sue nubi bianche. Un magnifico merlo adulto si è posato nel mezzo del prato e si pulisce le penne, ma subito sparisce. Il solstizio d’estate si avvicina inebriandoci di natura, profumi e colori. La tecnologia ci permette di scrivere senza inchiostro e pennini, ma pur sempre ci assicura di trasferire le nostre sensazioni al mondo facendole diventare ancora più indelebili e proprietà di chi verrà a visitarci nel web. 

La lavanda è accanto a me e mi inebria piacevolmente come anche il gelsomino.