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venerdì 22 ottobre 2010

Onoterapia

Già il titolo pone una questione!
E’ l’ esito del correttore informatico, che ha eseguito un’elisione trasformando “ozonoterapia” in onoterapia, o è giusto? Si parla veramente di terapia con gli asini o è una burla?
Beh! Sgomberiamo subito il campo da ogni dubbio. Sì! Vogliamo parlare specificatamente di asini e delle loro peculiarità farmaceutiche!
Prima di iniziare a parlare dell’impiego terapeutico dell“equus asinus domesticus” cercheremo di dare alcune informazioni generali rendendo noto delle tre razze principali e della fiumana di sottoclassi che prendono vita dalla zona o dalla contrada in cui l’equino ha trovato sviluppo. Dal punto di vista regolatorio questo potrebbe significare che ogni asino avrebbe un uso differente….ma sorvoliamo.
Sull’animale se ne sono dette infinite e non è mai mancato nei bestiari medioevali, rinascimentali e moderni. Il successo della sua onnipresenza è collegato al fenomeno che induce negli uomini….. la facilità con cui quest’ultimi si immedesimano in lui. Fra coloro che hanno scelto, come ragion di vita, l’emulazione dell’equino è nata la condizione degli “asino maniaci” facilmente riconoscibili dall’ utilizzazione continua, nel loro modo di comunicare, del ragliare. Certuni, infatti, hanno tanto di quel talento che è sconcertante come sia diventato, per loro, un segno distintivo. Non contenti altri si sono inventati l’“asinopoli” una sorta di Club dove si riuniscono e saltuariamente si esercitano a meglio avere una relazione privilegiata con il quadrupede.
La nostra disquisizione vuole porre l’accento sull’utilità dell’onoterapia nel curare i disturbi della personalità di cui molti, nella collettività umana, soffrono. Attenzione però perché l’overdose del “farmaco” può incidere sullo stato somatico dando vita al modo di dire popolare: “E’ proprio un asino!”.
Dar credito al raglio degli asini è comunque sempre un errore ! 

Pensare come Leonardo

Un cervello che funziona bene alterna la sua funzione tra l'emisfero destro quello sinistro.
Nella media degli uomini questa alternanza non è esercitata e così nascono strategie senza creatività e creatività senza strategie.

Leonardo da Vinci adoperava con grande facilità ambedue gli emisferi tant'è che la sua vita fu costellata da espressioni artistiche, associabili alla sfera della creatività, come da espressioni scientifiche tanto strategiche per i periodi successivi.
Imparare a far funzionare ambedue gli emisferi non è un esercizio difficile basta abituarsi ad essere curiosi, osservatori, liberi, concentrati sulla sostanza dei problemi e, non per ultimo, amanti del bello.
La ricetta funzione se tutti gli ingredienti sono ben proporzionati e armonicamente impiegati.
Così la curiosità ci assicura la spinta verso la ricerca del nuovo, l'essere osservatori ci garantisce l'attenzione alle mutilazioni storico temporali, l'essere liberi ci dona la sicurezza di non essere condizionati dalle false posizioni preconcettuali, la concentrazione ci conferisce la grande semplicità nell'illustrare i problemi ed infine l'amante del bello ci permette di scegliere quanto più ci sembra efficace.
Pensare come Leonardo significa fare anche della propria esperienza un fulcro di saggezza, vera forza dei migliori manager e leader che hanno fatto della loro vita la vera Harvard Business School .
L'esperienza diretta crea una forma mentis aperta ad apprendere dalla pratica conferendo capacità nel cogliere al volo le occasioni, capacità nel valutare persone e capacità nel discriminare tra ciò che si vuole imitare e ciò che si vuole evitare.

Dopo tanti secoli possiamo osservare che l'uomo medio di oggi guarda senza vedere, ode senza ascoltare, tocca senza percepire, mangia senza gustare, inala senza percepire prima gli odori e parla senza prima pensare e che, pertanto, occorrerebbe raffinare i propri sensi e assieme a loro la mente e l' esperienza.

Così una creatività strategica potrà nascere da strategie altrettanto creative.

Ripreso dalla newsletter d'informazione della Associazione di Chimica Fine e Specialità



domenica 17 ottobre 2010

L'uomo con la barba

Vincenzo Schiavio Pittore comasco

Seduto su una seggiola mi raccontava storie meravigliose. I suoi pantaloni erano alla zuava, la sua camicia era pesante e a quadri. 
L’abbigliamento assomigliava a quello di un montanaro. 
Ma la cosa che più colpiva era il suo profumo. Trementina mista all’odore dell’olio di lino che usava per diluire i colori che sapeva stendere su tele o tavolozze. 
Era nato a Veleso un paesino delle valli del Lago di Como e dove morì dopo una vita passata tra i pittori da strada, gli intellettuali impegnati di una città di provincia e i fratelli muratori. 
Parlava di tutto ed io ascoltavo estasiato attratto da quella voce che usciva da una bocca nascosta sotto quella imponente barba. 
Le sue mani erano forti, ma delicate e quando mi sollevavano per prendermi in braccio mi avvolgevano tutto mentre io cercavo di allungarmi per toccare pennelli e tubetti di colore. 
Quante cose mi furono insegnate in quei momenti. 
Le sue parole si svelarono più tardi quando iniziai a capire (e a interessarmi) il mondo di cui Lui era padrone. 
Forse il mio amore per i colori, per il profumo della trementina e dell’olio di lino nacque proprio in quel tempo. 
Oggi vivo interamente i suoi insegnamenti e il suo ricordo mi riempe il cuore. 
Vincenzo era il suo nome ed era il fratello della mia “tata”. 


martedì 12 ottobre 2010

Uomini, mezzi uomini, ominicchi e quaquaraquà


Mi sono sempre chiesto il motivo per cui il mondo sia suddiviso in queste categorie di persone.

Se ben ricordo la divisione tra uomini, mezzi uomini, ominicchi e quaquaraquà è esposta nel "Giorno della civetta" di Sciascia e fatta pronunciare a Don Mariano Arena potente e spietato capomafia semianalfabeta.
In un mondo dove l'apparenza impera sulla virtù i veri uomini oggi sono rimasti in pochi anzi in pochissimi come sono anche molto pochi i mezzi uomini.
Dilagano invece gli ominicchi che sono in continuo aumento ed infine, ancor più giù, i Quaquaraquà …… che hanno scambiato il fare con il dire lasciando a se stessi l’unica alternativa della fuga quando li scopriranno.
Per questi il luogo di vita più adatto è l’ambientino degli amici degli amici nel quale vivono e si dibattono esercitandosi nel trasformismo che, da Costantino Imperatore in poi, percorre e contamina la nostra Società. L’antropologia illustrata dall’autore del “Giorno della civetta” ci permette quindi di capire come vanno le cose nel mondo quando il valore supremo non è più l’etica.

Come le oche i quaquaraquà depongo le uova (metaforicamente le loro scemenze quotidiane) imbastendo sogni e propositi degni dei fratelli Grimm per poi annoiarsi presto di tutto quindi anche di Voi. Cercate di prendere il largo prima che sia troppo tardi.
I sentimenti decisi e coraggiosi devono prendere posto speditamente e senza esitazione per rimbastire qualcosa che possa essere umanamente conveniente.
Tenetevi stretti i veri amici!